David Hume nasce a Edimburgo il 1 maggio 1711 e muore il 25 agosto 1776, è stato un filosofo scozzese, considerato il terzo e forse il più radicato dei
British Empiricists, dopo John Locke e l'anglo-irlandese Berkeley.
Hume, muovendo dalla prospettiva empiristica, afferma che tutta la nostra conoscenza si basa su impressioni (percezioni vive e forti) e idee (immagini illanguidite delle impressioni), che il nostro intelletto unisce in configurazioni più ampie e complesse in virtù della memoria e dell'immaginazione. Quest'ultima non è totalmente libera, in quanto procede secondo il principio di associazione che a sua volta, agisce sulla base di tre criteri: somiglianza contiguità e casualità. La nostra mente è portata da questa "dolce forza" ad associare le idee che si presentano simili (ritratto e originale), contigue (una casa e quello stesso quartiere), o legate da un nesso causa-effetto (albero bruciato e fuoco). Le idee che ne derivano sono idee complesse e in esse consiste tutto il nostro sapere. Quanto al grado di certezza di un sapere così costruito, Hume ritiene che, mentre nell'algebra e nell'aritmetica si raggiungono verità assolute, per quanto riguarda le conoscenze empiriche possiamo ritenerle soltanto probabili.
A partire da tali considerazioni Hume procede a criticare il concetto di causa. Secondo lui la causalità non ha un valore oggettivo, me è frutto della nostra abitudine a collegare un fenomeno
A un fenomeno B. In realtà l'esperienza attesta soltanto la contiguità e successione di tali eventi, non la necessità del loro legame casuale. Quest' ultimo è dunque da attribuire a un'attitudine soggettiva e non può essere generalizzato né esteso al futuro. Dall'abitudine deriva poi la credenza, cioè la tendenza a esistenti determinate realtà, come quella del mondo esterno e dell'io. Anche per l'dea di sostanza si può osservare quanto rilevato a proposito dell'idea di causa: essa è arbitraria e priva di valore assoluto perchè risiede nell'inclinazione del soggetto a unificare le varie impressioni che presentano regolarmente connessione nell'esperienza, riferendole ad un ipotetico fondamento sostanziale.
Per ciò che riguarda la dimensione etica, Hume è convito che non esistano valori assoluti a cui fare riferimento e che la morale debba poggiare sul criterio empirico dell'unità sociale Infatti, come stabilisce la "legge di Hume", non è possibile dedurre il piano del dover essere, cioè delle prescrizioni, quello dell'essere, cioè dal piano descrittivo dell'esperienza contingente, in cui si può valutare l'unità di determinati comportamenti. Ciò non implica una dissoluzione della morale, in quanto Hume ammette l'esistenza di un "senso morale" comune a tutti gli uomini che garantisce la possibilità di individuare principi etici condivisibili.
British Empiricists, dopo John Locke e l'anglo-irlandese Berkeley.
Hume, muovendo dalla prospettiva empiristica, afferma che tutta la nostra conoscenza si basa su impressioni (percezioni vive e forti) e idee (immagini illanguidite delle impressioni), che il nostro intelletto unisce in configurazioni più ampie e complesse in virtù della memoria e dell'immaginazione. Quest'ultima non è totalmente libera, in quanto procede secondo il principio di associazione che a sua volta, agisce sulla base di tre criteri: somiglianza contiguità e casualità. La nostra mente è portata da questa "dolce forza" ad associare le idee che si presentano simili (ritratto e originale), contigue (una casa e quello stesso quartiere), o legate da un nesso causa-effetto (albero bruciato e fuoco). Le idee che ne derivano sono idee complesse e in esse consiste tutto il nostro sapere. Quanto al grado di certezza di un sapere così costruito, Hume ritiene che, mentre nell'algebra e nell'aritmetica si raggiungono verità assolute, per quanto riguarda le conoscenze empiriche possiamo ritenerle soltanto probabili.
A partire da tali considerazioni Hume procede a criticare il concetto di causa. Secondo lui la causalità non ha un valore oggettivo, me è frutto della nostra abitudine a collegare un fenomeno
A un fenomeno B. In realtà l'esperienza attesta soltanto la contiguità e successione di tali eventi, non la necessità del loro legame casuale. Quest' ultimo è dunque da attribuire a un'attitudine soggettiva e non può essere generalizzato né esteso al futuro. Dall'abitudine deriva poi la credenza, cioè la tendenza a esistenti determinate realtà, come quella del mondo esterno e dell'io. Anche per l'dea di sostanza si può osservare quanto rilevato a proposito dell'idea di causa: essa è arbitraria e priva di valore assoluto perchè risiede nell'inclinazione del soggetto a unificare le varie impressioni che presentano regolarmente connessione nell'esperienza, riferendole ad un ipotetico fondamento sostanziale.
Per ciò che riguarda la dimensione etica, Hume è convito che non esistano valori assoluti a cui fare riferimento e che la morale debba poggiare sul criterio empirico dell'unità sociale Infatti, come stabilisce la "legge di Hume", non è possibile dedurre il piano del dover essere, cioè delle prescrizioni, quello dell'essere, cioè dal piano descrittivo dell'esperienza contingente, in cui si può valutare l'unità di determinati comportamenti. Ciò non implica una dissoluzione della morale, in quanto Hume ammette l'esistenza di un "senso morale" comune a tutti gli uomini che garantisce la possibilità di individuare principi etici condivisibili.
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